Questa notte noi nel parcheggio abbiamo dormito comodamente un po meno le persone che viaggiano con noi. L’ hotel è un tipico esempio di conduzione ex Unione Sovietica. Niente manutenzione. Cambiano il lavello ma non mettono i rubinetti. L’ asse sopra il vaso è solo appoggiato e non fissato con due bulloni. Ne risulta che si siede in bilico tra lo stare comodi e l’ incertezza di scivolare sul pavimento.Il viaggio prosegue. Molte persone locali offrono patate e funghi lungo la strada. Mi fermo e sono circondato dall’ attenzione dei locali. Sono per loro una stella caduta dal cielo. La signora dai lineamenti Mongoli sferruzza con lana morbidissima per creare una scarpetta in lana da usare nell’ inverno Siberiano; un”altra dalle stesse fattezze Mongole accudisce un gruppo di cavalli. Per poterli fotografare con lei, Filippo le compra un cesto di patate. Un uomo anziano ostenta una moto sidecar a 3 posti con anche un gancio per trainare un carretto: vuole la foto con Filippo nel carrozzino di lato. Gente semplice che vive di stenti ma libera da oppressioni poliziesche; come noi in Italia negli anni 1950 – 1960.
Omsk al tramonto presenta i suoi colori migliori. Il fiume, i palazzi moderni, qualche palazzo d’epoca tante ciminiere e stabilimenti abbandonati, la statua di Dostoevsky. Questa è la città dove è stato esiliato. Il meglio di sé però l’ha prodotto a San Pietroburgo.