La Itala riparte e anch’io la seguo baldanzosa come sempre. Dopo la prima parte scivolosa e tormentata un nastro d’asfalto ci porta nei luoghi della antica capitale dell’impero Mongolo. Io sono ferma per molte ore fuori dalle mura del monastero che è stato costruito con i materiali della città di Karakoram distrutta in più riprese dai cinesi durante la loro conquista del territorio. Incredibile che tra il 1200 e il 1300 DC una popolazione che ora si conta in 2.700.000 persone abbia imposto la propria forza ad una popolazione che ora conta 1.350.000.000 persone. Della grande città di Karakoram che fu la capitale mongola fino al suo trasferimento a Pechino, rimangono alcuni massi di pietra che rappresentano una tartaruga simbolo della longevità. Bancarelle di venditori ambulanti fuori al tempio. La pianura che spazia all’infinito. In lontananza industrie smantellate, catapecchie tipo favelas venezuelane, qualche Ger abitata da mongoli, ma le rimanenti case sono residui della “protezione”russa che ha lasciato solo sporcizia e disordine. La mongolia si sta evolvendo in positivo. Trasporti che verranno facilitati con l’apertura di nuove strade. Popolazione volitiva e laboriosa. Una immensa ricchezza su tutto il territorio fatta da pastori e 30 milioni di capi di bestiame. Parco macchine in aumento tutte nuove e a 4 ruote motrici. Tanta vitalità che ha il suo fondamento in una religione la Buddista, che rende merito all’uomo sua alla vita terrena, al piacere di vivere in pace.
Lo dimostra il monastero davanti il quale siamo fermi, pieno di pellegrini oranti che girano in senso orario intorno le mura con in mano i Mantra della preghiera ad ogni pilastro che sorregge uno Stupa, la fronte del pellegrino tocca il muro e così per tutto il perimetro del Tempio. 108 sono i momenti di raccoglimento tanti quanti sono i Gompa. All’interno del monastero alcuni mulini della preghiera vengono fatti ruotare in senso orario come pure è in senso orario il percorso a piedi. Parecchi templi nell’interno segnano i luoghi massimi di preghiera.
Statue del Budda nelle più svariate raffigurazioni dominano l’interno. Ori, drappi di broccato e mille altre rappresentazioni religiose, fanno di questo luogo il massimo momento spirituale dei mongoli. Una moltitudine di monaci bambini pregano salmodiando e leggendo su testi sacri in una cantilena ritmica assordante e coinvolgente. Un rullo di tamburi, un frastuono di trombe copre ogni rumore. Poi tutto torna come prima e noi lasciamo questo luogo di preghiera per raggiungere il campo dove passeremo la notte. Sento Beppe dire che probabilmente Gengis Khan si sta rivoltando nella tomba non ancora trovata. La sua reggia distrutta, il suo impero sopraffatto, la sua popolazione dispersa e dedita soprattutto al belvivere. Altro ce guerrieri!! Forse ne rimane uno che rappresenta lo spirito di Gengis Khan. Qui al campo dove dormiamo è arrivato il proprietario osannato in tutta la Mongolia. È il campione mondiale di Sumo che ha battuto l’eroe nazionale giapponese in un epico incontro. Un ragazzone enorme con i capelli lunghi raggruppati a ciuffo in centro testa che viaggia su un Hammer di dimensioni ciclopiche.