La pista disastrata che il team di Overland 12 si trova a percorrere entrando in Angola è un biglietto da visita inquietante, ma realisticamente consono a quella che è la situazione generale del paese: con l’ingresso in Angola, la spedizione si addentra in una delle realtà più drammatiche e desolate sulla faccia della terra.

Gli ultimi cinquant’anni di storia dell’Angola sono legati quasi ininterrottamente dal filo rosso della guerra. Ai quattordici anni di conflitto separatista, che culminarono con l’indipendenza dal Portogallo nel 1975, fecero seguito altri ventisette anni di guerra civile; solo la morte del capo delle forze antigovernative è riuscita, nel 2002, ad arginare il fiume di violenza che in quarantun’anni ha provocato la morte di un milione e mezzo di persone (il 20% della popolazione del 1980) e la fuga di altri quattro milioni.

L’Angola è uscito devastato da questi quattro decenni di guerra, ed evidenzia una crisi umanitaria di dimensioni agghiaccianti. La mortalità infantile è la più alta in assoluto al mondo, mentre l’aspettativa di vita è la più bassa: un angolano medio ha poche speranze di superare i 38 anni. Il 70% della popolazione vive con meno di 1.50€ al giorno; l’infrastruttura e le vie di comunicazione sono ridotte ai minimi termini – come il team di Overland 12 ha avuto modo di sperimentare – e intere aree del paese sono completamente isolate. Il settore agricolo, un tempo uno dei più produttivi dell’Africa sub-sahariana, è stato letteralmente annichilito, con le ovvie conseguenze in termini di denutrizione endemica; le possibilità di recupero per l’agricoltura sono severamente limitate dall’altissima densità di mine antiuomo. La disoccupazione – talmente elevata che non si hanno dati certi – e la grandissima diffusione delle armi da fuoco fanno si che le rapine a mano armata siano all’ordine del giorno, specialmente ai danni degli stranieri.

Come se non bastasse, le armi continuano a sparare nella provincia di Cabinda, un exclave angolana incuneata fra il Congo Brazzaville e la Repubblica Democratica del Congo. Questa provincia ospita oltre il 60% delle risorse petrolifere dell’Angola: non c’è da soprendersi quindi che sia contesa fra il governo angolano e un movimento separatista armato, che l’8 gennaio 2010 – in occasione della Coppa d’Africa – è finito sulle pagine dei giornali di tutto il mondo per l’attacco condotto contro la nazionale Togolese di calcio.

Ma non mancano le speranze per una netta inversione di rotta. L’Angola oggi ha il tasso di crescita economica più elevato del continente africano, e uno dei più alti al mondo: sia nel 2006 che nel 2007 il PIL è cresciuto del 20%, e quest’anno, nonostante la crisi a livello mondiale, si prevede una crescita dell’8%. Per comprendere quanto siano vertiginosi questi ritmi di crescita, basta pensare che questi hanno contribuito a creare un vero e proprio paradosso: l’Angola, nonostante sia uno dei paesi più poveri al mondo, ospita la città più cara sulla faccia della terra. Nella capitale Luanda – progettata per 500’000 persone, ma con 5 milioni di abitanti – una notte in ostello costa circa 440€; l’affitto in un appartamento di piccole dimensioni costa oltre 5’000€ al mese; un hamburger da asporto si paga intorno ai 10€.

Per fortuna il team di Overland 12 può risparmiarsi queste cifre da capogiro: i mezzi sono perfettamente attrezzati sia per mangiare che per dormire, tanto in Angola come nei deserti della Namibia – prossimo paese sulla rotta della spedizione.

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