La lunga strada di ritorno verso nord comincia con una brillante storia di successo, con un esempio del grande potenziale di questo straordinario continente. Il Botswana è una di quelle rare, piacevoli soprese che dimostrano quanto lontano possa arrivare l’Africa, se solo viene messa in condizione di camminare sulle proprie gambe.

Alla vigilia dell’indipendenza dall’Inghilterra, nel 1966, il Botswana era uno dei dieci paesi più poveri della terra; oggi invece è un paese a reddito medio, con un PIL pro-capite comparabile a quello russo o argentino. Questa prodigiosa crescita è dovuta solo in parte al formidabile patrimonio di diamanti, di cui il Botswana è il maggior esportatore al mondo; dopotutto, basta ripensare alla Sierra Leone per rendersi conto che questa ricchezza può essere estremamente pericolosa e destabilizzante. Le ragioni dell’eccezionale performance del Botswana, il cui PIL odierno è 350 volte più grande rispetto ai valori del 1960, vanno piuttosto individuate nella democrazia, che regna ininterrotta da quarantaquattro anni, e nella grande trasparenza che ha sempre contraddistinto la vita politica ed economica di questo paese. Secondo varie agenzie internazionali, infatti, il Botswana è il paese meno corrotto dell’Africa e uno dei meglio governati; fattori che gli hanno permesso di salvarsi da quella “maledizione delle risorse” che ha colpito tanti paesi già attraversati dalla spedizione, e di cogliere appieno i ricchissimi frutti dell’industria diamantifera.

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Purtroppo però nè la trasparenza, nè la democrazia hanno potuto salvare il Botswana da un’altra maledizione tipicamente africana: l’AIDS. Il tasso di infezione da HIV del Botswana è il secondo più alto del mondo; il 24% della popolazione – una persona su quattro – è sieropositiva. Il Botswana sta affrontando questo gravissimo problema a viso aperto, con un programma di prevenzione che è fra i più completi e capillari del continente; una grande lezione morale nei confronti dell’irresponsabile Sudafrica.

La statura morale del Botswana, piuttosto, lascia molto a desiderare in materia di rispetto delle minoranze. Il governo sta tentando di rimuovere i boscimani San dalle loro terre nel deserto del Kalahari, per far posto ad una serie di complessi turistici; a tale scopo ha cementato il pozzi d’acqua della zona, costringendo questa tribù alla sete. Un metodo che ricorda in maniera inquietante quello utilizzato per sterminare gli Herero, nella Namibia del secolo scorso, e che è stato fermamente condannato dalle Nazioni Unite.

La spedizione prosegue la sua corsa verso il Mediterraneo e verso casa; la prossima tappa sarà lo Zambia, paese che tratteremo nel prossimo approfondimento.