Con la breve tappa da Kangaba a Kourussa la spedizione si lascia alle spalle il Mali ed entra in Guinea-Conakry. I soli trecento kilometri che separano queste due località non rendono affatto l’idea dell’enorme distanza politica che passa fra i due paesi: mentre il Mali è un’oasi di democrazia e stabilità, dall’indipendenza ad oggi la Guinea-Conakry ha conosciuto solo governi autoritari e colpi di stato.
La Repubblica di Guinea, detta anche Guinea-Conakry per distinguerla dalla vicina Guinea-Bissau, ottenne l’indipendenza dalla Francia con il referendum indetto da de Gaulle nel 1958. Il nuovo capo dello Stato, Ahmed Sékou Tourè, mise immediatamente fine al pluralismo politico, alle libertà civili e al rispetto per i diritti umani. Alla morte di Tourè nel 1984 un colpo di Stato militare portò al potere Lansana Contè, che per i successivi venticinque anni governò la Guinea-Conakry con lo stesso stile dittatoriale del suo predecessore.
Gli oltre cinquant’anni di governo autoritario non hanno certo aiutato la popolazione guineana a sollevarsi dalla povertà. Nonostante le vaste risorse mineraie – la Guinea è il maggior esportatore di bauxite al mondo – e l’enorme potenziale idroelettrico i guineiani sono estremamente poveri: quasi nove persone su dieci vivono con meno di due dollari al giorno, oltre il 70% della popolazione è analfabeta e solo il 18% ha accesso a strutture sanitarie adeguate.
E purtroppo il futuro è molto incerto. Due anni fa la storia si è ripetuta: a poche ore dalla morte del presidente Contè i militari hanno attuato un’altro golpe, ponendo a capo dello Stato il capitano Moussa Dadis Camara. La speranza che Camara guidasse un governo meno violento del precedente si è infranta a settembre del 2009, quando nella capitale Conakry una manifestazione dell’opposizione è stata soffocata nel sangue: la notizia delle circa 110 donne violentate e degli oltre 150 uomini uccisi dalla polizia e dai soldati ha fatto il giro del mondo, provocando l’immediata reazione della comunità internazionale.
Camara stesso è stato vittima di un’attentato lo scorso 3 dicembre, che lo ha costretto a lasciare il paese e a recarsi in Marocco per mese di convalescenza. Attualmente si trova in Burkina Faso, dove ha preso parte ai negoziati con l’opposizione sul futuro della Guinea: il piano di transizione prevede la fine del governo militare, con il ritorno ad un governo civile attraverso elezioni libere e democratiche, entro sei mesi.
Non resta che sperare in una soluzione pacifica di questa crisi politica, che secondo alcune agenzie governative internazionali ha intensificato tanto il rischio di una guerra civile quanto l’incidenza dei crimini violenti. Fortunatamente la spedizione ha attraversato la Guinea senza particolari problemi, e si prepara a entrare nel paese oggetto del prossimo approfondimento: la Sierra Leone. A presto!
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