Nell’immaginario collettivo, la Namibia è il paese desertico per antonomasia: ospita ben due deserti, fra cui il più antico al mondo, ed ha la seconda densità abitativa più bassa del pianeta. La Namibia attraversata da Overland 12, però, è un deserto in subbuglio: fervono infatti i preparativi per il ventesimo anniversario dell’indipendenza, conquistata solo nel 1990 al termine di una contesa durata oltre ottant’anni.

La lotta per l’indipendenza dell’odierna Namibia inizia nel modo più cruento possibile: con il genocidio, nel 1905, delle popolazioni ribelli Herero e Namaqua ad opera dell’impero Tedesco. Si calcola che rispettivamente l’85% e il 50% di queste etnie sia stato sterminato dal potere coloniale dell’epoca; alcuni studiosi ritengono che i campi di concentramento costruiti dalla Germania imperiale durante le guerre Herero siano stati d’ispirazione per il nazismo.

Nel 1915, nell’ambito della prima guerra mondiale, l’attuale Namibia passa sotto il controllo del Sudafrica: ci rimarrà per settantacinque anni. La Lega delle Nazioni assegna infatti il mandato su questo territorio al Sudafrica, che a partire dal 1948 vi applicherà le leggi razziste dell’Apartheid. Nel 1966 le Nazioni Unite affermano l’illegalità del dominio sudafricano sulla Namibia; contemporaneamente inizia la resistenza armata al potere coloniale, destinata a durare oltre vent’anni. Nel 1988 il governo sudafricano accetta di partecipare alle trattative internazionali per l’indipendenza della Namibia; nei due anni seguenti le leggi razziali vengono abrogate, e il 21 marzo del 1990 la Namibia diventa finalmente uno Stato libero e sovrano.

L’occupazione sudafricana ha lasciato, nel bene e nel male, un’eredità importante al nuovo Stato. L’infrastruttura è di prim’ordine, come le città che sono pulite e organizzate; l’industria dell’uranio, dei diamanti – il deserto del Namib è un delle zone diamantifere più produttive al mondo –  e quella importantissima di trasformazione del pesce sono gestite in maniera efficiente. Purtroppo però la Namibia soffre una delle peggiori distribuzioni del reddito al mondo: nonostante un PIL pro-capite relativamente elevato, circa metà della popolazione vive con meno di 90 centesimi di euro al giorno. L’economia è ancora pesantemente dipendente da quella del Sudafrica, che fornisce alla Namibia oltre l’85% delle importazioni.

La fonte principale di preoccupazioni per questo giovane Stato è l’alta incidenza dell’AIDS, che colpisce il 15% della popolazione; in prospettiva, però, il futuro della Namibia sembra promettente, grazie alla democrazia stabile e consolidata, all’ottimo stato dell’infrastruttura, e al grande potenziale ecoturistico.

I deserti della Namibia scorrono veloci sotto le ruote degli infaticabili camion arancioni: la frontiera con il Sudafrica, vero e proprio giro di boa della spedizione, si avvicina inesorabilmente. Non perdetevi il prossimo approfondimento!