A tre giorni dal duplice attentato che ha sconvolto la Norvegia è il momento della reazione del Paese. Un Paese forse troppo adagiato sulla sua sicurezza e tranquillità tanto da sottovalutare i pericoli interni. Oggi la reazione dei norvegesi è fatta di lacrime e silenzio, shock ma anche forza di volontà, orgoglio e rabbia, disperazione e al tempo stesso speranza. Intanto i numeri quantificano i danni della follia di Anders Behring Breivik: il totale al momento è di 93 morti (senza contare le persone che mancano ancora all’appello della polizia).
Squadre di volontari e forze dell’ordine cercano nelle acque attorno a Utoya. Intanto nella Domkirken di Oslo ha avuto luogo la messa , trasmessa anche in diretta televisiva a reti unificate celebrata dal vescovo luterano, Ole Christian Kvarme. Molti i personaggi pubblici accorsi per prendere parte alla cerimonia: il re Harald e alla regina Sonja, la principessa Marta Louise, il premier Jens Stoltenberg, arrivato assieme al leader del movimento giovanile laburista (Auf) Eskil Pedersen, e molti dei ministri del governo. Non mancavano alcuni familiari delle vittime: tutti composti nel loro dolore. Fuori le persone accorse sono migliaia: si stringono nella speranza di guardare oltre e di recuperare un’identità smarrita, una base di certezze crollata. La piazza intanto sta diventando un luogo di memoria dove la gente si guarda intorno sbigottita, porta un fiore e accende candele alla memoria. Una Norvegia sconvolta, come sarebbe un neonato scosso improvvisamente da un incubo: pensate che ad Anders Behring Brevik sono bastate tre ore per uccidere un numero tre volte superiore a quello delle persone che muoiono per atti violenti mediamente in un anno. Il premier laburista Jens Stoltenberg ha precisato che ogni morto è una tragedia nazionale. Intanto su internet cresce anche la rabbia e nascono gruppi su facebook contro l’attentatore. C’è chi chiede un irrigidimento della giustizia: al momento la legge massima prevista dall’ordinamento nazionale per quanto è accaduto è di 21 anni di reclusione.