Agricoltura biologica, raccolta differenziata, riduzione degli sprechi, tutte iniziative ecologiche importanti e degne di nota, che però non possono rendere conto di quanto effettivamente vanno a incidere sull’ambiente gli alimenti che consumiamo. Conosciamo infatti gli effetti successivi che potrebbero avere i rifiuti sull’ambiente, ma non abbiamo idea di quanto influiscano i processi produttivi. Per questo motivo, il legislatore europeo ha deliberato che entro pochi anni diventerà obbligatorio segnalare il costo in termini di emissioni di CO2.
Non più solo ingredienti, valori nutrizionali e dose giornaliera consigliata, ma anche l’entità dell’impatto ambientale.
Secondo il fondatore dello Sportello dei Diritti, Giovanni d’Agata, verrà messa in evidenza la portata dell’impatto sul suolo e dell’inquinamento dell’acqua. Un passo davvero importante e fondamentale verso l’acquisizione di una consapevolezza maggiore sulla natura che ci circonda. In questo modo molte persone potranno scegliere i prodotti più virtuosi, che pesano in misura minore sull’ambiente.
La problematica in merito non è però semplice da sciogliere, perché i valori e le variabili da calcolare (tenendo conto dei diversi parametri, dei metodi di produzione e di coltivazione, o allevamento) sono complessi e richiederanno uno studio molto approfondito prima di poter essere utilizzati in maniera ufficiale. L’eco etichetta, come viene adesso chiamata questa nuova introduzione, potrebbe apportare dei cambiamenti storici per quanto riguarda la produzione alimentare, ma al tempo stesso fa sorgere dei dubbi: chi pagherà tutti gli studi per giungere a dei calcoli attendibili? Il peso economico di questo cambiamento ricadrà tutto sui consumatori?