
Foto di ©Francesco Sangalli – overland.org
Usciamo dalle nostre tende per fare colazione con ananas, banane, caffè e … un panettone! Mangiamo velocemente, in piedi, perché una lunga giornata ci aspetta. Raccogliamo l’attrezzatura video necessaria, ce la dividiamo in modo da non pesare troppo sulle spalle, aspettiamo la guida e ci incamminiamo nella foresta. Non sappiamo quanti di voi abbiano mai avuto la fortuna di passeggiare ai piedi di una foresta tropicale, ma è un’esperienza che non possiamo che consigliare a chiunque.
Tutto ciò che si vede in film come Jumanji o cartoni come Tarzan, tutto ciò che si legge nei libri di Salgari o negli appunti di avventurieri come Walter Bonatti è ora davanti a noi: alberi tanto alti da far fatica a vederne la cima, radici che spuntano dal terreno formando spazi coperti grandi quanto capanne, liane, palme e frutti che mai avevamo visto prima e di cui non potevamo neanche immaginare l’esistenza. La natura si mostra qui in tutta la sua forza e bellezza, e il sentiero che seguiamo, una pista appena tracciata dall’uomo, sembra quasi una sottilissima e tortuosa striscia di terra che gli alberi hanno voluto lasciare per permettere agli esseri umani di ammirarli in tutta la loro potenza. La fantasia avanza e ci riporta a tutti quei racconti letti da bambini di coraggiosi esploratori che lanciandosi verso l’ignoto hanno fatto nascere nei nostri cuori il bisogno di seguire le loro tracce, di andare oltre, di scoprire e di vedere a nostra volta questi mondi meravigliosi. Dopo un giro che ci sembra durare anche fin troppo poco torniamo all’accampamento per smontare il tutto e partire.
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Lungo la strada ci fermiamo in un villaggio dove veniamo letteralmente assaliti da un imprecisato numero di bambini che ci prendono per mano. O meglio, tutti quanti vorrebbero prenderci per mano, ma sono davvero troppi, e così molti si accontentano di stringerci giusto una o due dita, lasciando spazio anche agli altri, mentre coloro che non riescono ad afferrare neanche un dito si aggrappano alle nostre camicie o pantaloni. Molti sono magrissimi e con vestiti sporchi e laceri, ma ridono di gusto come tutti i bambini del mondo, divertendosi a ripetere ogni parola che diciamo. Sempre tenendoci per mano ci conducono attraverso il loro villaggio, facendoci entrare in alcune capanne e portandoci sotto il grande porticato centrale, dove ci fanno sedere per farsi prendere in braccio: sono così tanti che è praticamente impossibile riuscire ad accontentare tutti. Arriva poi anche una delegazione con un foglio di carta con scritte delle domande in inglese per chiederci chi siamo, da dove veniamo e cosa stiamo facendo: ci stanno accogliendo come mai ci era successo prima, e siamo felici. Ripartiamo a malincuore, ma purtroppo anche il dire addio a chi si incontra per strada fa parte del viaggiare, e ci lasciamo così alle spalle questo villaggio che ci ha riempito il cuore di pace e spensieratezza.
Arriviamo poco dopo al confine con la Liberia, attraversandolo facilmente ma lentamente, a causa delle numerose pratiche burocratiche legate ai vaccini necessari per entrare e alla documentazione dei veicoli. Raggiungiamo Monrovia, capitale di questo nuovo stato, circa due ore dopo, rimanendo subito imbottigliati nel traffico, a cui siamo oramai fin troppo abituati nelle città africane. Per la prima volta però da quando siamo in Africa ci capita un fatto davvero poco simpatico: mentre siamo fermi in coda un bambino si avvicina lentamente al primo veicolo della nostra colonna sul quale si trovano Filippo e Roberto, che sta facendo da navigatore. Spesso capita che la gente attraversi la strada anche se molto trafficata, e ancora più spesso capita che persone si avvicinino per chiedere l’elemosina, ma purtroppo questa volta l’intento del ragazzino era ben diverso: in un lampo infila un braccio nel finestrino aperto, ruba il telefono di Roberto e scappa nei vicoli tra le baracche a bordo strada. Subito Filippo e Roberto si lanciano all’inseguimento negli stretti e bui vicoli fino a che non trovano un ragazzo che afferma di aver visto il ladro scappare. Il trambusto attira l’attenzione di un numero sempre maggiore di persone che si raggruppano attorno a noi, compreso quello che sembra essere il capo di questo quartiere. Ci accorgiamo in quel momento dello spaccio di droga che sta avvenendo a pochi passi da noi, rendendoci conto della poca sicurezza della zona. Mentre Francesco torna ai veicoli per allertare tutti gli altri, Filippo contratta con il capo quartiere per riavere il telefono di Roberto, per noi preziosissimo specialmente perché contiene il materiale girato durante la giornata con l’action cam. Dopo molti tira e molla qualche decina di persone si mette alla ricerca del ladro, trovandolo poco dopo. Ci riportano il telefono, chiedendo in cambio però 200 dollari americani. Filippo contratta ancora, e ancora una volta una folla discreta si raggruppa attorno ai veicoli. Contrattiamo fino ad arrivare a 50 dollari, cifra che viene accettata dal capo quartiere e che finalmente dà l’ordine ai suoi di lasciarci andare. Arriviamo così in hotel dopo le 23.00, al termine di una giornata lunghissima e piena di emozioni contrastanti. Crolliamo per l’ennesima volta sfiniti a letto, con la consapevolezza però che domani potremo finalmente riposarci dopo tanti giorni di durissimo (ma bellissimo) lavoro.
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