
Foto di ©Francesco Sangalli – overland.org
Sveglia alle 8.00, veloce colazione e partenza. Finalmente possiamo vedere Nouakchott, capitale della Mauritania, alla luce del sole. Questa vista ci colpisce molto: la città è estremamente povera. Gli edifici in muratura, quando ci sono, non sono terminati o comunque talmente mal tenuti da far pensare che possano cadere da un momento all’altro. L’asfalto è presente solo sulla strada principale, illuminata da lampioni alimentati da pannelli fotovoltaici, mentre appena al di fuori di essa ecco che le strade sono in terra battuta, piene di buche enormi.
Per le strade si vedono soprattutto uomini con il tipico vestito nazionale: una specie di tunica aperta dalla spalla alla caviglia, con il collo a v e una grossa tasca sulla pancia in cui si dice che solitamente venga tenuto, tra le altre cose, un coltello. Spesso quelle che a noi potrebbero sembrare delle pile di scatole da buttare si rivelano essere bancarelle o addirittura veri e propri negozi. Ci mettiamo un po’ ad uscire dalla città, perché, nonostante la scarsa presenza di mezzi a motore, le strade sono super trafficate da carretti, asini e persone.
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Una volta lasciataci Nouakchott alle spalle proseguiamo comunque ancora a rilento: la strada infatti, sia quando è asfaltata che non, è perennemente tempestata di grosse e profonde buche, spesso piene di fango. Proseguiamo quindi sobbalzando per parecchi chilometri ammirando il paesaggio circostante che comincia piano piano a cambiare. Il deserto perde la sua forza, lasciando così spazio a un numero sempre maggiore di alberi e cespugli. Lungo la strada, quando sostiamo per qualche minuto, veniamo raggiunti da un gruppo di bambini in festa: è il primo contatto che abbiamo con gente del posto, e fa subito cambiare l’idea che ci eravamo fatta il giorno recedente dei locali. Nonostante tutto sono comunque allegri, sorridenti e socievoli, e alcuni dei ragazzini che ci sono corsi incontro conoscono addirittura sia il francese, sia l’inglese (oltre, ovviamente, alla lingua locale), fatto davvero degno di nota in una nazione così povera come la Mauritania. Sempre durante questa sosta ci accorgiamo poi di un fatto strabiliante: qui l’asfalto è fatto di conchiglie. Non lo notiamo subito, ma dopo un attento sguardo non possiamo che esserne certi. All’interno dell’amalgama di riescono distintamente a vedere piccoli gusci di conchiglia ovunque. Davvero incredibile!
Proseguendo poi per il nostro percorso entriamo nel Parco Nazionale di Diawling, pieno di animali di ogni sorta e genere. Qui incontriamo un grosso ostacolo, letteralmente: un camion si è bloccato nel fango lungo la strada, ostruendo il passaggio. Parlando con i proprietari del veicolo scopriamo che sono bloccati in quella situazione da tre giorni… tre giorni!!! Dopo un po’ riusciamo però a proseguire, dato che la strada è ancora lunga e abbiamo ancora un confine da attraversare. Confine che infatti arriva poco dopo, non prima però di aver passato l’ennesimo posto di blocco dove abbiamo ricevuto per la centesima volta la richiesta di un “cadot” da parte dei poliziotti. Il “cadot” è un regalo che tutti, dal Sahara Occidentale in poi, ci hanno chiesto ogni volta che siamo stati fermati. Può essere qualsiasi cosa: cibo, bevande, soldi, abbigliamento o anche giocattoli. Non neghiamo che questo atteggiamento, soprattutto da parte della polizia, ci ha un po’ infastidito alla lunga.
Passato anche questo ultimo posto di blocco, finalmente varchiamo il fiume Senegal, che fa da confine tra la Mauritania e, per l’appunto, il Senegal. In questa nuova nazione veniamo immediatamente colpiti dal fortissimo odore di pattumiera. Questo è dovuto al fatto che non esiste un sistema di smaltimento dei rifiuti, quindi l’immondizia viene semplicemente gettata dove capita, creando grandi discariche a cielo aperto praticamente ovunque. Questa prima, non bella, impressione lascia però subito posto ad una seconda notevolmente più positiva: in Senegal c’è tantissima gente in giro, sempre vestita di mille colori diversi e soprattutto sempre con il sorriso stampato in faccia. Non c’è un solo uomo, donna o bambino che non sia allegro e rilassato, e questo ci fa sentire tranquilli e felici a nostra volta. Non c’è miglior modo di entrare in una nuova nazione.
Proseguiamo il nostro viaggio fino a Dakar, impiegando la bellezza di tre ore per percorrere gli ultimi 80 km a causa di un traffico degno degli orari di punta nelle città italiane. Arriviamo stravolti, ma felici, perché siamo finalmente giunti alla prima vera tappa. Nei prossimi giorni cominceranno le proiezioni del CinemArena, di cui vi parleremo più approfonditamente più avanti. Ora come ora vogliamo solo lavarci e andare a letto, e così facciamo, addormentandoci non appena la nostra testa tocca il cuscino.
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