I 5 miliardi di barili di greggio che erano stati riversati in mare dopo lo scoppio di una piattaforma petrolifera nel 2010 causarono 11 morti tra i lavoratori della stessa piattaforma, oltre a una serie di danni economici e ambientali incalcolabili: migliaia di decessi tra gli animali, numerosi chilometri di splendide coste ricoperti di melma nera e tantissime attività commerciali marittime chiuse.
L’amministrazione Obama ha, per questo, chiesto un risarcimento di 16 miliardi di dollari alla British Petroleum (BP), aprendo di fatto il più grande processo ambientale della storia, che coinvolgerà centinaia di avvocati.
La piattaforma, chiamata Deepwater Horizon, presentava una falla che fu chiusa solo dopo tre mesi, 87 giorni per la precisione, provocando danni incalcolabili; la BP aveva deciso di patteggiare una multa di 4,5 miliardi di dollari, oltre a risarcire le attività colpite in maniera sia diretta che in diretta, per un totale pari ad 8 miliardi di dollari. Per questo motivo, la BP ritiene che 16 miliardi siano spropositati e che chiederà il supporto di una serie di studi di avvocati di primaria importanza, come Kirkland & Ellis.
Sarà il Clean Water Act a stabilire l’entità del rimborso, in quanto se verrà riconosciuta la negligenza della Bp, il risarcimento ammonterà a 1.100 dollari al barile, se si sarà trattato di negligenza aggravata, il costo salirà a 4.300 dollari al barile. Una condanna al massimo della pena sarebbe di esempio per le grandi multinazionali del petrolio che, nonostante gli ingenti introiti, non sembrano investire in modo particolare sulla sicurezza.