Simone Moro, è lui l’italiano coinvolto nella maxi rissa che ha visto protagonisti alcune decina di sherpa, le guide montane, e tre scalatori europei. La polizia sta indagando sulle cause, anche se ovviamente emergono particolari contrastanti nelle versioni dall’una e dall’altra parte.
Simone Moro ha riferito di essersi spaventato e aver temuto per la sua vita quando i tre sono stati circondati da un numero imprecisato di sherpa che li ha picchiati e minacciati (Moro è stato anche colpito con un coltello, ma fortunatamente sulla cintura dello zaino); i motivi sono ancora ignoti e, a detta degli scalatori, non sembrerebbe esserci, in quanto loro avrebbero rispettato tutte le norme del caso, senza intralciare le guide mentre preparano il percorso turistico.
Moro, Ueli Steck, svizzero e Jonathan Griffith, britannico, stavano per raggiungere il Campo Base 3 del Monte Everest a 7.470 metri sabato mattina, utilizzando un percorso segreto senza ossigeno supplementare, mentre gli sherpa stavano sistemando delle corde. Secondo una ricostruzione pervenuta da un turista statunitense rimasto nell’anonimato, il gruppo dei tre scalatori avrebbe ignorato la richiesta dei nepalesi di aspettare, causando il distaccamento di un pezzo di ghiaccio e provocando la prima reazione violenta da parte delle guide. Più tardi, un numero maggiore di Sherpa avrebbe attaccato la tenda di Moro e compagni con pietre e bastoni.
Un fatto molto grave, le cui cause andranno approfondite dalla polizia; una cosa però è certa, come ha detto Moro, “l’Everest non è più quello di una volta”, infatti, le continue spedizioni, ormai senza più criterio, stanno trasformando una delle meraviglie del pianeta in una macchina di soldi e discarica di rifiuti. E intanto la tensione dei locali sale.