[mercoledì 3 gennaio] Ci svegliamo all’alba senza immaginare quello che ci accadrà non appena varcato il territorio ivoriano, ma andiamo con ordine.
Dopo colazione rimaniamo in attesa che le guardie forestali ci indichino dove trovare gli scimpanzé. Poco dopo le 8 veniamo puntualmente contattati via radio e ci chiedono di seguirli nella foresta. Dopo un’ora di cammino cominciamo a sentire i versi imponenti dei padroni di casa ed ecco, improvvisamente, ci troviamo di fronte a uno spettacolo naturalistico senza pari. In mezzo alla foresta e arrampicati sulle piante a oltre venti metri d’altezza, ci sono una decina di scimpanzé, probabilmente una famiglia, che mangiano e si riposano sotto i nostri occhi. Ma d’improvviso il capo-branco da’ il segnale e in pochi secondi svaniscono nel fitto della foresta.
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Torniamo ai camion e partiamo in direzione Costa d’Avorio, prima però ci fermiamo a vedere le danze sui trampoli. In queste danze spettacolari i danzatori indossano anche delle maschere e coinvolgono l’intero villaggio trasformando la scena in una sorta di gara di danze improvvisate.
Dopo il pranzo al sacco riprendiamo la pista: un percorso fra canneti a cupola tanto da sembrare dei tunnel naturali, spesso troppo fitti per i nostri mezzi. Siamo dunque obbligati a scendere ed abbattere a mano le canne più ostiche che urtano i mazzi o cadono sulla pista.
Dopo tutte queste difficoltà, come se non bastasse, il musone subisce una serie di sventure: al suo passaggio su di un ponticello in legno questi cede sotto il peso del mezzo, successivamente siamo costretti a fermarci per lo scoppio di una gomma. Grazie al pronto intervento dei meccanici della spedizione costretti a cambiare la gomma sotto un sole cocente, ripartiamo per la frontiera tra Guinea e Costa d’Avorio senza troppo ritardo.
L’uscita dalla frontiera guineana si è rivelata stranamente semplice e rapida, tutto l’opposto di quello che ci aspetta in Costa d’Avorio.
Ormai al tramonto arriviamo alle porte del confine ivoriano e qui inizia il nostro travaglio. Sollevata la sbarra del confine occupiamo per intero il modesto spazio dell’area attigua al posto di controllo gestito da uno strano corpo di polizia locale. Qui ci viene chiesta una somma di denaro in valuta locale e dopo il pagamento viene rilasciata una ricevuta e i permessi. Nonostante tutto siamo costretti ad attendere la notte prima di poter lasciare la frontiera. Nell’attesa di ripartire notiamo un certo movimento tra cui dialoghi concitati al telefono con misteriosi interlocutori.
Finalmente ci viene consentito l’ingresso e veniamo portati al vicino paese di Sipilou. Qui però facciamo il nostro incontro con i guerriglieri del Nord che occupano le tre provincie montane e di foresta della Costa d’Avorio. Ci rendiamo conto della situazione solo quando ci hanno ormai portati all’interno di un recinto delle loro forze armate: siamo di fatto ostaggi.
Fa la sua comparsa quello che immaginiamo essere uno dei capi, si presenta a noi definendosi Comandante della zona. Il nostro capo-spedizione Beppe Tenti, insieme agli accompagnatori locali, viene invitato a seguire il Comandante nella sua abitazione. Il resto dei componenti della spedizione ed i mezzi vengono tenuti sotto controllo da guardie armate all’interno del recinto.
Inizia dunque una lunga trattativa tra Beppe ed il Comandante dei guerriglieri per ottenere il salvacondotto per passare nelle tre regioni sotto il controllo dei ribelli. Veniamo informati che, nonostante l’attuale stato di tregua con il governo regolare, i permessi di cui siamo in possesso non vengono riconosciuti da loro.
Al termine di una complicatissima trattativa finalmente Beppe e le guide vengono riportati al campo dove il resto della spedizione era rimasto in preoccupata attesa. Con molta maestria, Beppe ha fatto in modo di ribaltare la situazione, oltre al rilascio della spedizione i guerriglieri ci accompagneranno attraverso tutto il territorio della Costa d’Avorio occupato dai ribelli diventando la nostra scorta armata per la sicurezza da altre bande di guerriglieri.
A tarda ora sempre cerchiamo di prendere sonno all’interno dei nostri mezzi con la speranza che il giorno successivo i guerriglieri mantengano la parola data.