Nel tentativo di ripulire l’aria inquinata della capitale cinese, le autorità di Pechino hanno introdotto nuove misure per tagliare le emissioni, investendo 760 miliardi di yuan (circa 90 miliardi di euro) entro il 2017.
Sarà ridotta la bruciatura di carbone e verranno introdotte tasse per i governi locali e i singoli “produttori” di inquinamento; inoltre saranno applicate multe salatissime per chi viola la legge. Le nuove misure contro l’inquinamento di Pechino fanno parte di un piano nazionale più grande che prevede la riduzione della dipendenza della Cina dal carbone; sono molte altre, infatti, le città in cui l’aria è irrespirabile e insalubre.
Analizzando le informazioni in tempo reale sulla qualità dell’aria, è stato rilevato che in alcune province della Cina del Nord, incluse Shandong e Hebei, alcune centrali termiche di grandi dimensioni e acciaierie facevano registrare emissioni tanto elevate da mettere a rischio la continuazione della produzione. Inoltre, anche durante i periodi maggiore inquinamento, diverse strutture continuavano a violare le norme relative alle emissioni.
L’investimento importante che ora verrà attuato per ridurre l’inquinamento a Pechino, dovrebbe diffondersi a macchia d’olio anche nelle altre provincie della Cina, soprattutto lì dove la produzione volta alla crescita sfrenata non ha assolutamente badato a salvaguardare la salute dell’ambiente e delle persone.
L’economia cinese è volata nell’ultimo decennio, ma ora deve per forza fare i conti con l’inquinamento e deve necessariamente risolvere il problema se vuole continuare a produrre e a crescere. La sostenibilità è l’unica via, perché garantirebbe un notevole risparmio sulla sanità (molte meno persone ammalate), sulle risorse energetiche e ridurrebbe in maniera drastica l’impatto sull’ambiente, oggi troppo forte per dirare a lungo a tali condizioni.