In questi ultimi anni la natura ci ha mostrato più volte la sua devastante potenza: abbiamo imparato ad avere seriamente paura di terremoti, uragani, cicloni e tsunami. Ma fino a qualche anno fa questi eventi non esistevano? Certamente si, ma in misura evidentemente limitata tanto da non rischiare di diventare una paranoica fobia. E’ solo un caso? Probabilmente no: e se alcuni ipotizzano l’avvicinarsi della fine del mondo (interpretando questi eventi come una sorta di segnale), nel frattempo sono state fatte alcune ricerche per evidenziare le possibili cause alla base di queste situazioni. Pare che uno dei motivi dell’aumento del numero di cicloni sia proprio l’inquinamento.
A sostenerlo è uno studio realizzato da un team dell’università della Virginia e pubblicato su Nature. Le rilevazioni sono state realizzate nell’area del Mar Arabico (Pakistan, India, Iran, Yemen e Oman). In particolare l’aumento di emissioni locali di carbone nero e altri tipi di aerosol altererebbe la circolazione atmosferica causando variazioni nelle correnti e nei venti (il fenomeno noto come wind shear alla base dei cicloni). Se storicamente la stagione dei monsoni è sempre stata ben definita, negli ultimi anni sono stati registrati episodi anche nei mesi immediatamente precedenti la stagione dei monsoni. Il ciclone Gonu in Iran nel 2007 ha causato oltre 4 miliardi di dollari di Danni, il ciclone Phet abbattutosi sulle coste di Pakistan e Oman nel 2010 ha provocato 2 miliardi di dollari di danni. L’accumulo di aerosol peraltro è alla base della formazione di nubi atmosferiche marroni persistenti, in grado di influenzare in maniera significativa il clima regionale. Una nube di questo tipo, spessa tre chilometri è stata già messa in relazione con alterati sistemi di pioggia registrati in Asia meridionale. Queste nubi oscurano la luce del sole deviandola e modificando così la circolazione atmosferica con conseguente rischio di formazione di cicloni.