Km: 134
media oraria: 26km/h
Dislivello in salita:m 845
Tempo di percorrenza: ore 4,10

Nuova frontiera, la terz’ultima per fortuna. Le solite interminabili file, lo spostamento di un’ora della lancetta dell’orologio, il cambio della valuta locale (qui si chiama tange) Chissà quando saremo in grado di cominciare veramente la tappa. Pronti al peggio, e per evitare il già sperimentato trasferimento in pulmino, partiamo da Tashkent alle sei di mattina e, dopo un’ora di pedalata tra i sobborghi, siamo già alla monumentale dogana del Kazakistan. Uzbeki e Kazaki ci sono però propizi e in un paio d’ore espletiamo senza gravi intoppi tutte le formalità burocratiche. Dopo aver incontrato la nuova guida che ci accompagnerà fino al confine con la Cina, alle 12 iniziamo a pedalare in suolo kazako, una ondulata estensione di praterie adibite al pascolo e di campi di grano che a oriente si perdono ai piedi delle innevate propaggini della catena dello Tien Shan. Tipici i piccoli baretti e ristorantini che bordeggiano la strada in corrispondenza di isolati villaggi e che sono costituiti dalle bianche yurte, le classiche tende dei pastori nomadi nel cui mondo stiamo velocemente entrando. La strada a doppia carreggiata si snoda con continui saliscendi tra colline fino ad un passo di quasi 900 metri da dove scende nella conca occupata da Shymkent, una città industriale di 400.000 abitanti che ci colpisce per il tenore di vita decisamente superiore a quello del più povero Uzbekistan: supermercati fornitissimi, negozi di frutta e verdura, ristoranti, casinò, gente elegante a passeggio, fra cui spiccano (e lo notano anche i ciclisti) vistosi esemplari di biondissime “stangone” russe (i russi del resto costituiscono ancora il 30% della popolazione del Kazakistan). Si cena ovviamente alla russa con Cabernet locale (uno scipito fragolino) e una potente vodka.