Alla fine, l’intervento delle forze armate non è servito a salvare la vita delle persone tenute in ostaggio dal commando degli uomini di Mokhtar Belmokhtar nell’impianto per l’estrazione di gas naturale, vicino ad In Amenas (Sahara algerino).
Sono sette i civili stranieri uccisi prima dell’operazione che avrebbe dovuti liberarli, mentre i sequestratori jihadisti morti sono 11. Il numero delle vittime totali, dall’inizio dell’operazione di bonifica, non è ancora chiaro, perché i dati provenienti da fonti governative e quelli provenienti da fonti umanitarie non coincidono. Dovrebbero comunque essere circa 38, tra stranieri e algerini. Certa è invece la liberazione dell’impianto, gestito da Sonatrach-Bp-Statoil, che ora dovrà essere controllato per disinnescare le mine piazzate dai sequestratori.
Secondo gli investigatori, gli ultimi sette ostaggi, due statunitensi, un giapponese, un britannico e tre belgi (questi ultimi non sono però stati ancora confermati da Bruxelles) sarebbero stati uccisi per rappresaglia. In totale, gli ostaggi stranieri erano 132, e 600 gli algerini.
Un finale piuttosto amaro, per una vicenda comunque ancora da chiarire. Il gruppo di sequestratori, infatti, era guidato, come già detto, da Belmokhtar, detto il guercio, uno dei fondatori dell’organizzazione affine ad Al Qaida nel Maghreb islamico, l’Aqmi. Belmokhtar, però, era fuori dall’associazione da ottobre. I contorni della vicenda si sfumano quindi, perché non è semplice inquadrare la matrice alla base del rapimento, anche se la teoria dominante segue la pista terroristica.