[Overland 12 – Diario di Domenica 16 Maggio 2010]
Gruppo Avanscoperta
Villaggio di capanne Surma – Cittadina di Surma Kibish
Il risveglio non è un vero e proprio risveglio: abbiamo passato la notte a combattere una battaglia impari con le zanzare. Notiamo con un certo stupore che sia le parti esposte che quelle coperte da vestiti sono ricoperte interamente da punture, se una zanzara volesse pungerci non troverebbe più uno spazio libero! Continuiamo a non avere notizie della nostra guida, il “cacciatore”, partita ieri per cercare la ditta di costruzioni.
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Nota positiva però è che uscendo dalla capanna troviamo ad attenderci una colazione con i fiocchi. Con nostra sorpresa veniamo a sapere che un cacciatore, incaricato dalla comunità, durante la notte ha catturato appositamente per noi un Kudu, la carne di questa antilope è stata nottetempo macellata e ci viene ora proposta con lo stesso, ottimo, contorno già assaggiato ieri: verdure bollite, una sorta di polenta e pezzi di sale grosso. Una prelibatezza per noi che da giorni non mangiavamo carne.
Mentre terminiamo il nostro pasto notiamo che i piatti usati per il cibo vengono portati fuori dal villaggio in direzione del fiume. Chiediamo se vanno a lavarli e scopriamo che gli stessi piatti sono usati per cercare pagliuzze d’oro nelle sabbie del fiume. In molti ci mostrano, orgogliosi, il risultato del loro lavoro all’interno di sacchettini di stoffa che portano appesi al collo.
Veniamo dunque a sapere che nelle vicinanze è presente il loro villaggio di origine, i giovani dedicandosi alla ricerca dell’oro hanno deciso di trasferirsi più vicino al fiume costruendo il villaggio dove ora siamo ospiti. Una volta raccolta una quantità d’oro vendibile percorrono i 70 chilometri che li separano dalla cittadina dov’è presente anche l’impresa di costruzioni. Li trovano i compratori d’oro che portano i preziosi fino ad Addis Abeba, la capitale Etiope.
Terminata la “colazione”, non sentendo ne vedendo anima viva arrivare dalla cittadina, decidiamo di incamminarci. Ringraziamo calorosamente la comunità che ci ha ospitati e lasciamo un dono al capo villaggio che poi distribuirà equamente a tutti.
Rifocillati e abbeverati camminare ci sembra uno scherzo rispetto ai giorni scorsi. Dopo qualche ora di cammino sentiamo un rumore in lontananza! Individuiamo un fuoristrada bianco che ci viene incontro. Siamo felici, i muscoli si rilassano, pensiamo che l’incubo è passato e tiriamo un sospiro di sollievo. Scopriamo che la nostra guida, pur correndo, ha impiegato 2 giorni per raggiungere la cittadina. Ha trovato subito l’impresa di costruzioni, consegnato il nostro biglietto da visita con il messaggio e subito gli operai sono partiti per venirci incontro. Saliamo sul fuoristrada che fa inversione verso la cittadina.
Un’oretta di macchina e tanti chilometri dopo, arriviamo a Surma Kibish. Questa allegra cittadina ricorda i paesi visti nei western: una sola strada centrale (sterrata, ovviamente) con tutte le case distribuite ai lati. Le case sono in legno ricoperto da un intonaco fatto di terra secca e fieno. Niente linea cellulare, niente elettricità, tutti armati di fucile, una piccola clinica, stazione della polizia e due piccoli negozietti di merci in arrivo dal nord una volta a settimana. Il resto sono piccoli bar in cui servono thè mischiato con caffè bevuto masticando rigorosamente foglie di Qat. Un potentissimo mix di tutti gli stimolanti possibili che farebbe pensare ad una popolazione iperattiva, tutto il contrario invece.
Troviamo i capi dell’impresa ad attenderci che subito decidono di aiutarci. Torniamo al fuoristrada non prima di aver fatto una bella scorta di acqua e cibo per i nostri compagni rimasti al campo base. Ripercorriamo il tragitto fino al fiume che abbiamo guadato a piedi il giorno prima. Con noi la dirigenza al completo e qualche operaio. Tutto sembra a posto, tutti sono convinti nel buon esito dell’operazione. Ma giunti alla riva gli operai non se la sentono di guadare il fiume con i loro mezzi. Dicono che l’acqua è troppo alta, preferiscono aspettare il giorno successivo.
Un po’ delusi ma con molta fiducia nel giorno dopo torniamo indietro a Surma Kibish. Veniamo ospitati in un hotel improvvisato: la stalla, ripulita, di una signora del luogo. Chiediamo se fosse possibile ricaricare il nostro telefono satellitare ormai scarico da questa mattina in modo da metterci in contatto con il campo base. Purtroppo veniamo a sapere che esiste un solo generatore che si trova nella clinica statale. Per regola accendono il generatore solo se arriva un paziente che deve fare delle analisi. Aspettiamo qualche ora, proviamo anche a proporre la donazione di un intero barile di carburante ma sono inflessibili.
Un po “scarichi”, sia noi che il satellitare, rientriamo alla nostra stalla quando ormai è notte inoltrata.
Gruppo campo base
Permanenza Campo Base N 5° 32′ 44,19″ E 35° 39′ 45,81″
Ancora un giorno in attesa. Facciamo colazione in pensiero per il gruppo in avanscoperta. Chissà se avranno trovato il bulldozer, chissà quanto ci vorrà per il suo arrivo … per il momento non abbiamo notizie.
Riusciamo a comunicare via radio con il daily, impantanato cinque chilometri più avanti. Conveniamo di andare incontro a Simon in modo che anche lui possa ricongiungersi al gruppo. Dopo alcune ore siamo di ritorno al campo, con Simon e una bella scorta di acqua da potabilizzare.
Verso sera mangiamo la nostra razione giornaliera. Senza notizie da – Nascondi testo citato – parte di Beppe e con un po’ di apprensione decidiamo di andare a dormire.