[giovedì 25 febbraio] Sveglia all’alba per poterci presentare all’apertura della frontiera alle ore 7. Come prevedibile la frontiera apre con un po’ di ritardo, ma per le prime pratiche e il passaggio della sbarra ci vuole poco tempo.

I problemi si presentano invece pochi chilometri dopo all’ufficio doganale: quasi due ore di tempo perso, malgrado la lettera di presentazione concessa del Governo Gabonese su richiesta dell’Ambasciata italiana. Durante la sosta ci imbattiamo però in un commerciante di caffè che ci racconta l’interessante processo di lavorazione del prodotto.

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La strada è uno spettacolo naturale, completamente immersa nella foresta tropicale. L’idillio è però rovinato dai numerosi camion pieni di tronchi che testimoniano come una delle zone naturali più ricche del mondo viene lentamente distrutta. Tronchi grandi quanto i nostri camion sdraiati su rimorchi cinesi si preparano ad essere esportati. Noi, inermi, non possiamo che sorpassarli con una certa preoccupazione: i ribaltamenti non devono essere infrequenti visto che praticamente tutti i camion hanno dei roll-bar esterni, più o meno artigianali, a protezione della cabina.

Dopo molte ore, poche soste e vari contatti con l’Ambasciata italiana di Libreville per preparare l’arrivo nella capitale Gabonese, non senza un po di emozione passiamo l’equatore che, pur essendo una linea immaginaria, diventa uno dei primi traguardi importanti della spedizione.
La gioia finisce subito dopo, un Massif rimane con una gomma a terra, prontamente sostituita e aggiustata da un gommista locale con l’aiuto dei nostri tecnici.

Ormai a sera inoltrata raggiungiamo Libreville scortati da un autista della Cooperazione italiana. Arriviamo all’Ambasciata Italiana che si trova in un compound che appare un inespugnabile fortino di moderna invenzione. Spegnamo i motori e scocca la mezzanotte, finalmente dopo 18 ore di viaggio possiamo concederci un meritato riposo.