L’Italia si è espressa sul nucleare: la maggioranza degli italiani ha detto NO alle centrali nel nostro Paese. Sicuramente la scelta è stata condizionata molto anche dagli avvenimenti di Fukushima, da dove peraltro continuano ad arrivare aggiornamenti purtroppo preoccupanti. In particolare preoccupa al momento la contaminazione delle acque giapponesi. Nell’impianto di Fukushima danneggiato dal terremoto dell’11 marzo scorso sono infatti presenti circa 110.000 tonnellate di acqua altamente radioattiva. Lo spazio per contenerla non basta più: bisogna smaltirla, ma dove e come? Se entro una settimana il team di ingegneri al lavoro nell’area non riuscirà a riparare il guasto al sistema per ripulire l’acqua contaminata questa rischia di essere riversata in mare con danni terribili per l’ambiente. La Tokyo Electric Power Co ha utilizzato una buona parte dell’acqua contaminata per raffreddare i tre reattori della centrale di Fukushima Daiichi visto che la calamità naturale occorsa aveva messo fuori uso anche i sistemi di raffreddamento. Tepco infatti, grazie anche alla collaborazione con il gruppo francese Areva e l’azienda americana Kurion (e altre compagnie minori) ha lavorato ad un sistema per decontaminare l’acqua radioattiva e usarla senza rischi per il raffreddamento dei reattori. Il problema è che per via di un guasto dell’acqua è fuoriuscita da un impianto utilizzato per assorbire il cesio. Il gruppo è intenzionato a sostituire la parte danneggiata e ad iniziare l’operazione oggi stesso come era previsto da programma. In caso contrario da fine giugno partirebbe lo stato di emergenza: l’acqua va in qualche modo smaltita. Quasi certamente verrebbe riversata in mare.