le violenze continuano a imperversare nello Yemen

Nonostante sia stato trovato l’accordo per far uscire di scena il presidente Ali Abdullah Saleh, le violenze continuano a imperversare nello Yemen. Nella capitale Sanaa, un gruppo di lealisti in borghese ha aperto il fuoco contro un corteo che protestava contro l’immunità di Saleh e dei suoi familiari. Sono stati uccisi cinque manifestanti e altri 34 sono rimasti feriti. Da Saleh è giunta subito la condanna per l’accaduto, seguita dall’apertura di un’inchiesta per far luce sull’accaduto e trovare i colpevoli della strage. Secondo il presidente uscente ogni atto di terrorismo e di violenza può aprire la strada ad una guerra, con conseguenze molto gravi per la nazione.

Saleh deve comunque cedere tutti i poteri costituzionali al suo vice Abdrabuh Mansur Hadi, che provvederà ad attuare il piano di mediazione voluto dal Consiglio di cooperazione del Golfo. Resterà poi in carica onoraria, come presidente, per altri novanta giorni. Dura e immediata la protesta dell’opposizione giovanile, contraria al fatto che Saleh continui a emettere ordini 24 ore dopo la firma dell’accordo. Inoltre, secondo il portavoce Walid al-Ammari, l’ordine di aprire il fuoco sarebbe venuto proprio dall’ex premier, per cui appare ipocrita l’apertura di un’inchiesta. Tuttavia gli scontri non sono stati causati solo da una protesta anti Saleh, ma anche dalle diverse fazioni dell’opposizione, che vedono quelle più intransigenti insistere per un totale cambiamento, e i più moderati aprirsi al piano che dovrebbe portare avanti Abdrabuh Mansur Hadi. Anche in questo caso le violenze hanno prodotto 45 feriti e nulla di concreto sul piano della svolta politica.