manifestanti turchia contro erdogan Questo è sicuramente il momento peggiore della lunga legislatura di Recep Tayyp Erdogan, il primo ministro turco, fortemente contestato in tutta la nazione.

Le manifestazioni sono iniziate quattro giorni fa con un pacifico sit in di alcune centinaia di persone contro il progetto del governo di abbattere circa 600 alberi nella zona verde di Piazza Taksim, il Gezi Park. Lo scopo è quello di realizzare una moschea, un centro commerciale e un edificio pubblico. Dopo la repressione violenta della polizia si è scatenato un vero e proprio inferno, prima nella sola Istanbul poi in tutte le città della Turchia.

Erdogan non è affatto visto di buon occhio nelle aree più ‘occidentali’ della Turchia, tanto che il suo consenso arriva maggiormente dalle zone rurali; inoltre viene accusato di voler islamizzare il Paese e di essere un dittatore ‘moderno’. Sicuramente la sua affermazione contro Twitter ed i Social Network (definiti “una minaccia per la società”) non lo aiutano nello scrollarsi di dosso l’immagine estremamente autoritaria che gli stanno attribuendo in questi giorni.

Il bilancio degli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine è di cinque persone ferite gravemente, quattro accecate da lacrimogeni o da proiettili in gomma e 1700 arrestate (di queste alcune sono state rilasciate, ma di quelle trattenute non si conoscono le accuse). La Turchia sembra di colpo una polveriera e segue un copione che ricorda molto da vicino l’inizio della Primavera Araba. Le ripercussioni possono essere davvero pericolose, se si pensa anche al ruolo strategico che la nazione occupa nello scacchiere internazionale, essendo la porta di accesso al turbolento Medio Oriente.