tensioni tra turchia e siria L’abbattimento di un caccia turco (un Phantom F-4), avvenuto nei giorni scorsi nei pressi del confine fra Turchia e Siria ha provocato un duro faccia a faccia tra Erdogan, Primo Ministro turco e Bashar Assad, presidente della Siria. I turchi lamentano l’attacco siriano all’interno dei propri confini e, se sulla questione dei pochissimi km che separano le due nazioni si può discutere, è sicuramente da valutare attentamente il perché di una simile azione: in altre parole, bisogna capire il motivo che ha spinto il caccia turco a volare nei pressi dei confini con la Siria, magari anche violandoli.

Più che un incidente sembra una provocazione, per una nazione come la Siria, i cui civili sono già martoriati da dure repressioni del regime, che ha portato ormai il conteggio delle vittime ad alcune migliaia. Infatti è stata immediata la replica di Erdogan, che ha considerato una minaccia le truppe siriane di confine (nei pressi delle colline di Hatay); a questo punto la stabilità delle zona, e tra le due nazioni, è appesa ad un filo. Basterebbe una scintilla, un atto provocatorio, magari anche pilotato per scatenare il putiferio. Per il momento la Russia, alleata di Assad, propende per la linea pacifica, nella speranza di trovare una soluzione diplomatica. Dopo l’abbattimento del jet turco lo scorso 22 giugno, Ankara ha deciso di rinforzare le difese sui 500 chilometri di confine con la Siria, annunciando “tolleranza zero” contro le incursioni dell’esercito di Assad. Intanto intorno a Damasco continuano i combattimenti, e le forze dell’intelligence britannica hanno affermato di aver aperto un varco in territorio siriano per poter permettere la realizzazione di un corridoio umanitario, al fine d’aiutare la popolazione. La Siria ha una posizione strategica nella geografia e nella politica mediorientale, e questa situazione sembra la prefazione di un copione scritto da tempo e ripetuto ogni qualvolta fosse richiesto. Il futuro e la stabilità di questo bellissimo Paese è davvero a rischio.