[domenica 31 gennaio] Ripartiamo verso le otto del mattino lasciando il villaggio che ha ospitato il nostro accampamento per quella che sarà una delle giornate più pesanti di questa prima parte di viaggio.
Dopo i primi chilometri ci accorgiamo che la pista anziché migliorare degrada sempre di più tra buche, sassi e ponticelli in legno di dubbia tenuta. Siamo costretti a continui rallentamenti e la fatica si fa sentire sia per noi che per i mezzi, la velocità media dalla partenza è di 11km/h e sarà così per molti chilometri.
Lungo il percorso incrociamo molte case isolate o piccoli villaggi desolatamente abbandonati e crivellati di colpi sui muri, retaggi della guerra civile che ha insanguinato la Sierra Leone per un decennio concluso con il 2001. Tutti noi attraversiamo momenti di silenzio in cui ognuno pensa all’assurdità di una guerra che ha devastato questo paese bellissimo.
L’umore migliora proprio grazie alla straordinaria natura che ammiriamo entrando nella foresta tropicale dove piante imponenti e secolari si stagliano continuamente davanti a noi nel fitto della foresta, questo ci rincuora e ripaga della fatica di queste tante ore di viaggio.
Finalmente nel primo pomeriggio arriviamo alla frontiera fra la Sierra Leone e Liberia, che ancora una volta ci sembra un posto completamente abbandonato a se stesso. Qui veniamo raggiunti dalla scorta della polizia liberiana che decide di accompagnarci lungo tutto il paese. Sembrano voler dare l’impressione di un paese sicuro e ne siamo persuasi anche grazie alla popolazione ci sembra molto accogliente.
L’architettura dei villaggi cambia radicalmente: passiamo dalle capanne a cono che avevamo incontrato senza soluzione di continuità tra Guinea e Sierra Leone, a case rettangolari con tetto in lamiera zincata che ormai ha invaso tutto il paese. Purtroppo questo genere di costruzioni apparentemente più moderne, porta con se gravi rischi per la salute della popolazione visto che è comunque uso comune l’accensione di fuochi “liberi” all’interno delle abitazioni che unito alla scarsa evacuazione dei fumi ha portato ad un forte aumento del rischio di sviluppo della tubercolosi.
Con 200 chilometri e 12 ore di viaggio alle spalle decidiamo di non proseguire ulteriormente e di accamparci nuovamente prima di raggiungere la meta che era prevista per questa giornata. Entriamo dunque nella piccola cittadina di Voinjama dove veniamo accolti dalla locale caserma di polizia che fungerà da accampamento per la notte.
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