Osama Bin Laden continua a far parlare di sé, anche se indirettamente. Il suo coinvolgimento, questa volta, rientra nella condanna piombata sulle sue tre vedove e due figlie (le maggiori), che avrebbero soggiornato illegalmente in Pakistan. Le autorità hanno disposto il fermo di 45 giorni, con successivo e immediato rimpatrio. Le donne, in realtà, dovranno scontare solo altri 15 giorni, visto che sono già rinchiuse da un mese; il processo nei loro confronti era stato avviato subito dopo il blitz di Abbottabad, conclusosi con la cattura, e presunta morte, di Osama Bin Laden. Il processo alle vedove dello sceicco, nel quel sono state depositate le loro dichiarazioni circa i diversi spostamenti effettuati dal 2001, lasciano più di un dubbio su tutta la storia. Se, infatti, Bin Laden avesse davvero vissuto in diversi stati, compresi Stati Uniti e Pakistan, e fosse riuscito a portasi dietro, ogni volta, tutta la sua numerosa famiglia passando inosservato, allora significa che deve avere avuto il supporto di qualcuno importante e influente. A Washington si potrebbero trovare di fronte a una bella gatta da pelare: se Bin Laden è davvero morto, la sua copertura per anni potrebbe essere dovuta alla presenza di appoggi interni (per cui la storia si potrebbe ripetere con altri personaggi); se fosse, invece, ancora vivo, il discorso si fa molto più complesso (perché inscenare la sua morte, cosa voleva nascondere?). In ogni modo, il problema principale non sembra essere Bin Laden, quanto la poca chiarezza su tutta la vicenda.