Vivere a contatto con la natura è importante per il nostro benessere: ne sono tanto convinti alcuni psicologi da essersi trasformati in eco-psicologi, per aiutare gli eco-depressi, ovvero quelle persone che hanno smarrito il proprio IO persi nel caos della città. Alla base del malessere umano dunque a volte può nascondersi l’alienazione dall’ambiente che ci circonda da un lato e il senso di colpa per essere artefici a nostra volta dell’inquinamento dall’altro. L’eco-psicologia funziona soprattutto, e non è un caso, nelle metropoli e le grandi città. A differenza di quanto si possa pensare non è l’ultima moda della società odierna: sono almeno 15 anni che in Italia ecologia e psicologia si sono unite per fondare questa nuova scienza. L’idea base da cui parte questa disciplina è elementare:
a contatto con la natura si vive meglio. Ovviamente questo non deve portare necessariamente a scelte di vita estreme: anche chi vive in città può condurre una vita ecosostenibile. Come? Facendo la raccolta differenziata, riducendo al minimo i consumi, seguendo un’alimentazione bio, sostenendo lo sviluppo delle energie alternative e dei prodotti a km zero etc. E in fondo, anche nelle città più industriali, esistono aree verdi dove passeggiare: studi recenti peraltro hanno dimostrato che camminare nel verde stimola l’emisfero destro del cervello e che i malati che godono di vista sul verde dalla camera, guariscono più in fretta. A livello internazionale i punti di riferimento per l’eco-psicologia sono l’Ice, International Community for Ecopsychology, e l’Eef, European Ecological Federation. In Italia la realtà più importante è la Scuola di Ecopsicologia. Non bisogna neppure pensare a questa disciplina come ad una scelta di elite: si tratta di un’esigenza comune. Il percorso da seguire prevede in primis una consapevolezza degli effetti che le nostre azioni hanno sull’ambiente, cosa che spesso sottovalutiamo. L’obiettivo è quello di giungere a uno stadio di “ecosaggezza”, ovvero una connessione fisica e spirituale con la natura.